Giardini Vittorio Veneto-Fortezza di Santa Tecla
Il carcere era una vecchia fortezza sul porto, dove allora era installata la contraerea tedesca. La cella dove erano stati rinchiusi era servita da prigione di rigore per i soldati tedeschi […]. Loro erano una ventina, nella stretta cella, stesi in terra uno a fianco dell’altro […]. L’inferriata dava sulla scogliera; il mare rogliava tutta la notte spinto negli scogli, come il sangue nelle arterie e i pensieri nelle volute dei crani. (Attesa della morte in un albergo)
La fortezza fu costruita su progetto dell’ingegnere militare Giacomo De Sicre (1753-1756) a seguito di una durissima repressione attuata verso la popolazione di Sanremo colpevole di essersi ribellata al governo di Genova. Si doveva dissuadere qualsiasi tipo di insurrezione cittadina anti-genovese: a tale scopo l’artiglieria fu direzionata verso la città e i muri di cinta resi impenetrabili dai massicci bastioni sugli spigoli. Nel tempo il forte di Santa Tecla fu alternativamente destinato a caserma, carcere, base di idrovolanti e deposito di munizioni. Durante la guerra il forte divenne prigione, dove si decideva della sorte dei prigionieri, come per il protagonista di questo racconto:
Ogni giorno un certo numero di [prigionieri] veniva smistato: alla vita o alla morte. Al mattino […] quelli a cui restituivano i documenti erano liberi ed uscivano. Li si vedevano abbracciare le mogli e allontanarsi a braccetto, calpestando l’erba delle aiole, sotto la pioggia d’invidia dei loro sguardi. Alla sera […] salivano a chiamare altri nomi […] L’indomani le loro donne sarebbero venute a chiedere sotto le finestre, e girare da un Comando all’altro supplicando gli interpreti: nessuno sapeva dov’erano stati portati. (Attesa della morte in un albergo)
Anche lo scrittore fu rinchiuso a Santa Tecla nel novembre del 1944, forse per una notte, forse per più giorni. Lo salvò dalla fucilazione un falso foglio di licenza, avuto provvidenzialmente da un compagno partigiano. La drammatica esperienza ha ispirato a Calvino anche un testo poetico, redatto nei giorni successivi agli avvenimenti e recante in calce l’indicazione «scritta sottoterra»: La prigione sul mare. Il lettore non faticherà a riconoscere nel testo poetico l’ambientazione e la vicinanza, talvolta anche lessicale, con il racconto incluso in Ultimo viene il corvo.
Contro le mura delle prigioni
batte il mare ramingo nella notte
tornando e andando, con eterno e vario
ululare di gole d’acqua
Ed i rinchiusi, proni sugli insonni
giacigli, sembra ascoltino la storia
d’una lunga condanna senza scampo.
[…]
E pure il sangue nei suoi ciechi giri
ha un ritmo spinto come in cerca d’esito.
Tecla è anche il nome di una delle 55 Città invisibili.
✏️ Elisa Longinotti
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