Corso Matteotti – Cinema Teatro Centrale
Ci sono stati anni in cui andavo al cinema quasi tutti i giorni e magari due volte al giorno, ed
erano gli anni tra diciamo il Trentasei e la guerra, l’epoca insomma della mia adolescenza. Anni in cui il cinema è stato per me il mondo. Un altro mondo da quello che mi circondava.
(Autobiografia di uno spettatore)
Il giovane Calvino ebbe un rapporto speciale con il cinema hollywoodiano prima della Seconda guerra mondiale: esso rappresentava un «mondo altro», una possibilità di «evasione», un «bisogno di spaesamento» e addirittura «una tappa indispensabile di ogni formazione», insomma, un mondo in cui poter sognare a occhi aperti e dedicarsi maggiormente alla riflessione. L’esperienza del giovane Calvino è ampiamente delineata attraverso una serie di ricordi legati alla sua adolescenza, posti in netta contrapposizione a quelli della sua infanzia contraddistinta da scelte cinematografiche volute da genitori austeri. Immergersi nello schermo, per Calvino, rispondeva a un’esigenza di distanza: i confini del reale si dilatavano e si aprivano intorno «dimensioni incommensurabili… astratte come entità geometriche, ma anche concrete» (Autobiografia di uno spettatore).
Nell’adolescenza mi sono subito orientato verso modelli ironici e riflessivi, come potevano
essere il sublime Leslie Howard o l’imperturbabile William Powell. O Fred Astaire, che anch’io adoravo: le sue straordinarie doti di ballerino lo facevano appartenere a un mondo superumano, ma come personaggio umano aveva humour e grazia… (intervista di Lietta Tornabuoni, 1981)
L’introduzione dell’embargo da parte del regime fascista è vissuta dal giovane Calvino come la privazione non solo di un diritto ma di un intero mondo: questa perdita è da lui definita
«un’oppressione crudele», certo non paragonabile ad altre ma per lui significativa.
Dalla spregiudicatezza monellesca di Claudette Colbert all’energia puntuta di Katherine
Hepburn, il modello più importante che i caratteri femminili del cinema americano proponevano era quello della donna rivale dell’uomo in risolutezza e ostinazione e spirito e ingegno; in questa lucida padronanza di sé di fronte all’uomo, Mirna Loy era quella che metteva più intelligenza ed ironia. (Autobiografia di uno spettatore)
Il Cinema Teatro Centrale era il luogo preferito di Italo Calvino per entrare nell’ “incantesimo
del film”. Inaugurato il 20 marzo del 1924, divenne proprietà della famiglia Vacchino nel
1933, che iniziò così a svolgere un ruolo di primo piano nella distribuzione cinematografica a Sanremo.
L’edificio fu costruito sulla centralissima via Vittorio Emanuele (oggi via Matteotti), già da tanto tempo centro della vita cittadina, con i suoi eleganti caffè.
Nel 1928 l’edificio fu completato anche nel prospetto esterno con una facciata in stile déco
progettata dall’ingegner Pietro Agosti, allora Podestà di Sanremo. Commissionato come
Cinema, fu tuttavia pensato come Teatro, in linea con la forma e la tradizione tipicamente ottocentesca.
L’artista toscano Galileo Chini (1873-1956) affrescò la fascia anulare della cupola con la raffigurazione di Sanremo Trionfante circondata da Centauri e Ninfe che si inseguono in volo in un paesaggio di luci, immagini solari e scene marine. Al centro della cupola una botola si apriva meccanicamente alla fine di ogni spettacolo. Fra la botola e le immagini affrescate si legge il motto: «canto di luce l’inesprimibile sogno in verità tramuta» ossia la verità del cielo che si apre dopo la finzione (il sogno) cinematografico.
✏️ Andrea Amalberti, Nicla Barberi, Chiara Gangemi, Sofia Lia, Alessia Menarini, Lorenzo Vassallo coordinati dalle docenti Romano Lupi, Anna Ramella e Chiara Sismondini. (Liceo Aprosio, Ventimiglia).
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