Via Romolo Moreno
Per arrivare fino in fondo al vicolo, i raggi del sole devono scendere diritti rasente le pareti
fredde, tenute discoste a forza d’arcate che traversano la striscia di cielo azzurro carico.
Scendono diritti, i raggi del sole, giù per le finestre messe qua e là in disordine sui muri, e cespi di basilico e di origano piantati dentro pentole ai davanzali, e sottovesti stese appese a corde; fin giù al selciato, fatto di gradini e a ciottoli, con una cunetta in mezzo per l’orina dei muli. (Il sentiero dei nidi di ragno)
Così si apre Il sentiero dei nidi di ragno, pubblicato nel 1947, l’opera che più di tutte si configura quale omaggio alla città vecchia. Dal cuore della Pigna proviene Pin con sua sorella Rina, la Nera del Carruggio Lungo, luogo di un’umanità derelitta che si muove fra prigione e osteria.
Sono molti i carrugi cui Calvino può essersi ispirato. Effettivamente via Romolo Moreno è il
carrugio più lungo che circumnaviga la città vecchia per tutta la sua parte orientale.
Il Sentiero dei nidi di ragno è il primo romanzo scritto da Italo Calvino. A diciassette anni dalla
prima edizione, con una prefazione che vale un saggio, l’autore rimarca l’esigenza profonda di raccontarsi attraverso la scrittura:
Questo romanzo è il primo che ho scritto; quasi posso dire la prima cosa che ho scritto, se si eccettuano pochi racconti. Che impressione mi fa, a riprenderlo in mano adesso? Più che come un’opera mia lo leggo come un libro nato anonimamente dal clima generale d’un’epoca, da una tensione morale, da un gusto letterario che era quello in cui la nostra generazione si riconosceva, dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. L’essere usciti da un’esperienza – guerra, guerra civile – stabiliva un’immediatezza di comunicazione tra lo scrittore e il suo pubblico: si era faccia a faccia, alla pari, carichi di storie da raccontare. (Prefazione al Sentiero dei nidi di ragno 1964)
Imperia, realizzata da Matteo Allegro e Emanuele Magri, Liceo G.P. Vieusseux.
La narrazione della Resistenza prende forma attraverso il punto di vista di un bambino. La
guerra, il mondo degli adulti, con i suoi vizi e le sue contraddizioni, sono narrati da
un’angolazione nuova e inaspettata, dando al racconto un tocco di genialità, prontamente
riconosciuto da Cesare Pavese:
Italo Calvino ha risolto il problema di trasfigurarla [la Resistenza] e farne un racconto calandola in una forma fiabesca e avventurosa, di quell’avventuroso che si dà come esperienza fantastica di tutti i ragazzi. Il suo protagonista, il bimbo Pin, passa attraverso le miserie, gli egoismi e gli orrori di quella vita, col perenne distacco, il perenne sarcasmo del vero ragazzo… (Nota introduttiva al Sentiero dei nidi di ragno 1954)
Il piccolo Pin cammina per i vicoli del carrugio, la gente alle finestre lo deride, i frequentatori
dell’osteria provano a provocarlo, ma in genere ne escono sconfitti. Pin conosce i loro segreti, i loro punti deboli e puntualmente risponde a tono, sgolandosi mattina e sera in canzoni da taverna e scherzi d’ogni sorta gridati a gran voce. Pin è un bambino solo, orfano di madre, abbandonato dal padre, con una sorella troppo impegnata a fare la prostituta. Cerca un vero amico, magari un coetaneo, che non lo respinga come tutti, ma possa diventare compagno di giochi e di avventure. Lo troverà nel partigiano Cugino, il primo adulto che davvero proverà a prendersi cura di lui.
✏️ Martina D’Amore, Priscilla Adum.
🚶🏻 Proseguire in via Romolo Moreno e svoltare a sinistra in via Roglio.
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