Bévera
La Val Bévera era piena di gente, contadini e anche sfollati da Ventimiglia, e s’era senza mangiare; scorte di viveri non ce n’era e la farina bisognava andarla a prendere in città. Per andare in città c’era la strada battuta dalle cannonate notte e giorno.
Ormai si viveva più nei buchi che nelle case e un giorno gli uomini del paese si riunirono in una tana grande per decidere […] Qui, – disse quello del comitato, – bisogna fare a turno chi deve scendere a Ventimiglia a pigliare il pane. (La fame a Bevera)
Come molti altri racconti riuniti in Ultimo viene il corvo, anche La fame a Bévera è pubblicato su diverse edizioni dell’«Unità» prima di confluire in volume. È ambientato durante la Seconda guerra mondiale a Bévera, frazione del Comune di Ventimiglia, situata nell’interno alla confluenza dell’omonimo torrente con il Roia. Gli abitanti del paese si dovevano organizzare per scendere fino a Ventimiglia a prendere il pane. Bisma, il protagonista, si propone come volontario per andare a Ventimiglia, accompagnato dal suo mulo:
Bisma aveva più di ottant’anni […] lo chiamavano Bisma per via dei baffi che si diceva avessero somigliato a quelli di Bismarck, ai suoi tempi; adesso erano un paio di baffi bianchi, bisunti e spioventi, e sembrava stessero per cascare a terra. (La fame a Bévera)
Nonostante l’età e i molti pericoli dovuti ai combattimenti in atto, Bisma riesce ad andare fino a Ventimiglia e a tornare indietro con il pane. E così continua, anche il giorno seguente e quello dopo ancora: «ogni giorno la scampava, passava attraverso le bombe incolume; dicevano avesse fatto un patto con il diavolo».
Ma la sua fine non è lontana. I tedeschi decidono di abbandonare la riva del Bevera e di far saltare i ponti: gli abitanti del piccolo paese sono così costretti ad evacuare. Ma Bisma no, lui non vuol saperne di andarsene e va così incontro alla morte:
Furono falciati insieme, uomo e mulo, ma rimasero ancora in piedi. Come se il mulo fosse caduto sulle quattro zampe, e fosse tutto d’un pezzo, con quelle sue gambe nere e sbilenche. […] poi s’inchinarono insieme, uomo e mulo; sembrava stessero per fare un altro passo, invece diroccarono giù uno sopra l’altro. (La fame a Bévera)
La Resistenza narrata da Calvino non è solo fatta di episodi bellici veri e propri, ma anche di tanti episodi come questo, che pienamente restituiscono la drammatica realtà di quei momenti.
Intervista a Giovanni Rainisio, presidente dell’Istituto storico della Resistenza di
Imperia, realizzata da Matteo Allegro e Emanuele Magri, Liceo G.P Vieusseux.
✏️ Alice Azzolini e Nicolò Foti.