Famiglia di conifere che si originò nel Triassico ed ebbe grande splendore nel Giurassico e nel Cretaceo. Insieme all’estinzione dei dinosauri, si estinsero anche le Araucariaceae, eccetto per limitate presenze nella flora antartica. I loro discendenti, circa 40 specie divise in 3 generi, popolano oggi il Sudamerica, l’Oceania e l’Asia sud-orientale. Alberi sempreverdi, con portamento eretto, alti sino a 50 metri, con rami spesso verticillati, corteccia resinosa e spessa, foglie alterne, squamiformi, appiattite e lanceolate, spesso le giovani diverse da quelle adulte (eterofillia). Microsporofilli maschili in amenti, macrosporofilli femminili globosi con squame che portano un solo ovulo. Strobilo legnoso, spesso di grandi dimensioni, con squame che cadono a maturità. Vi appartengono 3 generi, tutti presenti nei giardini costieri liguri e della Costa azzurra: Agathis, Araucaria e Wollemia.
Araucaria bidwillii Hook
Etimologia | Il nome del genere deriva da Araucanos ovvero l’esonimo dato dagli spagnoli agli indigeni del Cile e Argentina sudoccidentale, regioni in cui le araucarie sono molto diffuse. L’epiteto specifico fu assegnato in onore del botanico John Carne Bidwill, direttore del Giardino botanico reale di Sydney nella prima metà dell’Ottocento. |
Nome comune | Pino dei Monti Bunya, Albero delle vedove |
Origine | Nord est Australia (Queensland) |
Descrizione | Grande albero sempreverde che può raggiungere, nei luoghi d’origine, i 45 m di altezza; portamento conico-globoso, con lunghi rami a portamento orizzontale e rametti apicali allungati e penduli. Il tronco presenta corteccia grigio-bruna, spessa, liscia. Le foglie sono lanceolate, appiattite, verde scuro, con margini interi, apice acuto, pungenti, lunghe sino a 5 centimetri. Pianta monoica. I coni maschili compaiono in primavera, sono penduli, cilindrici, lunghi sino a 20 centimetri e disposti su brevi rametti. Gli strobili femminili sono appariscenti e suggestivi, crescono sui rami superiori dell’albero e maturano a fine inverno; hanno forma ellittica o globosa, pesano sino a 6 kg, sono lunghi sino a 30 cm e formati da numerose scaglie con apice triangolare; ognuna contiene un seme commestibile, di buon sapore, di forma ellittica allungata e di colore chiaro, protetto da un involucro coriaceo. La germinazione è particolare, nel senso che il seme prima produce una radichetta e poi trasloca le sostanze nutritive in un tubero, da cui poi emerge il germoglio. Questo meccanismo è unico tra le conifere e può richiedere fino a due anni per completarsi e dare vita ad una giovane pianta. I semi di solito rimangono nel cono fino a quando non cade dall’albero; la dispersione dei semi è limitata nell’area di caduta, ma si ritiene che in passato potesse esserci una sorta di vettore animale ora estinto, per trasportare i semi. Recentemente è stata accertata la raccolta e la dispersione dei semi da parte del marsupiale arboricolo opossum dalle orecchie corte (Trichosurus caninus). Nei luoghi d’origine i semi crudi, arrostiti sulla brace o macinati in farina, fornivano un cibo molto apprezzato dalle popolazioni indigene. A. bidwilli era un albero estremamente importante per i popoli nativi, che lo consideravano sacro. Si tratta di una pianta molto ornamentale, sia per l’habitus dalle connotazioni preistoriche, che per la nobiltà del portamento. Tuttavia, la caduta spontanea dei coni femminili richiede che la pianta venga inserita in luoghi del giardino che non favoriscano l’avvicinarsi dei visitatori. Non per nulla è chiamato “albero delle vedove” secondo una narrazione popolare che vedeva i boscaioli impegnati nei lavori di disboscamento minacciati dalle sue grosse pigne in caduta libera. Gli esemplari coltivati nei giardini di villa Ormond sono stati posti a dimora negli anni’30. |