Villa Auberg
La prigione è una grande villa d’inglesi requisita, perché nella vecchia fortezza sul porto i tedeschi hanno piazzato la contraerea. È una villa strana, in mezzo a un parco d’araucarie, che già prima forse aveva l’aria di una prigione, con molte torri e terrazze e camini che girano al vento, e inferriate che già c’erano prima, oltre a quelle aggiunte. Adesso le stanze sono adattate a celle, strane celle con il pavimento di legno linoleum, con grandi camini di marmo murati, con lavabi e bidè turati da stracci. Sulle torrette stanno sentinelle armate e sulle terrazze i detenuti fanno la coda per il rancio e si sparpagliano un po’ per il passeggio. (Il sentiero dei nidi di ragno)
Erano molte le grandi ville requisite e trasformate in prigioni e luoghi di tortura dai nazi-fascisti e, come spesso accade, è difficile arrivare a un’identificazione sicura. La descrizione che Calvino ne offre nel romanzo ci porta a segnalare Castello Devachan, ancora esistente in Corso Inglesi, Villa Giulia e soprattutto Villa Auberg di cui oggi rimane solo il nome (dall’architetto svedese, Henrik Gustav Adam Auberg, che la costruì e l’abitò a cavallo tra Otto e Novecento), attribuito al condominio innalzato nel 1968 dove sorgeva la villa. Bisogna ovviamente immaginare uno scenario tutto diverso: non la trafficata via Galilei, ma una villa immersa nel verde, come le foto storiche dimostrano e come possiamo leggere nelle pagine del romanzo.
In questa villa è condotto Pin, colto quasi in flagrante, con il cinturone in mano, dopo il furto della pistola al soldato tedesco. E la pistola non è molto lontano da qui, nascosta nel «sentiero dei nidi di ragno» che dà titolo al romanzo (cfr. tappa 28). In questa villa-prigione Pin incontra il giovane partigiano Lupo Rosso (Sergio Grignolio, alias Ghepeù).
Lupo Rosso! e chi non ne ha sentito parlare? A ogni colpo incassato dai fascisti, a ogni bomba che scoppia nella villetta d’un comando, a ogni spia che sparisce e non si sa dove va a finire, la gente dice un nome sottovoce: Lupo Rosso. Pin sa che Lupo Rosso ha sedici anni, e prima lavorava la «Todt» come meccanico: […] gliene hanno parlato perché portava il berretto alla russa e parlava sempre di Lenin, tanto che l’avevano soprannominato Ghepeù. (Il sentiero dei nidi di ragno)
Un punto di svolta decisivo nella vicenda è la fuga dalla prigione di Lupo Rosso e Pin, a dir poco rocambolesca, che segnerà il passaggio dalla città all’entroterra, dove Pin si unirà ai partigiani:
Là, – dice Lupo Rosso a Pin. – Attaccati là e non mollare, – e gli indica il tubo di scarico d’una grondaia. Pin ha paura, ma Lupo Rosso quasi lo butta nel vuoto e lui è obbligato ad attaccarsi al tubo. Però le mani e i ginocchi insaponati scivolano, è un po’ come scendere sulla ringhiera di una scala, solo fa molto più paura e non bisogna guardare sotto né staccarsi dal tubo. Lupo Rosso invece ha fatto un balzo nel vuoto, si vuole ammazzare? No, vuole raggiungere i rami di un’araucaria poco distante ed aggrapparsi ma i rami gli si spezzano in mano e lui precipita tra uno schianto di legno e una pioggia di piccole foglie aghiformi. (Il sentiero dei nidi di ragno)
Fra la storica villa Auberg, un tempo situata in un contesto quasi rurale, e il un grosso condominio odierno circondato da una selva di altri edifici, intercorre una profonda trasformazione urbanistica che ha caratterizzato l’intera città. Quinto, il protagonista della Speculazione edilizia, assiste a questo radicale cambiamento:
La città di Quinto, un tempo circondata da giardini ombrosi di eucalipti e magnolie dove tra siepe e siepe vecchi colonnelli inglesi e anziane miss si prestavano edizioni Tauchnitz e annaffiatoi, ora le scavatrici ribaltavano il terreno fatto morbido dalle foglie marcite o granuloso dalle ghiaie dei vialetti, e il piccone diroccava le villette a due piani e la scure abbatteva in uno scroscio cartaceo i ventagli delle palme Washingtonia, dal cielo dove si sarebbero affacciate le future soleggiate-tricamere-servizi. (La speculazione edilizia)
✏️ Adum Priscilla, D’Amore Martina, Simona Paoli
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