Creppo-Monte Gerbonte
Binda ora scucchiaiava in un gavettino di castagne bollite, sputacchiando le pellicole rimaste appiccicate. […] Si incamminò. – Vado da Serpe, in Gerbonte, – disse. – Forza, Binda, – gli dissero i compagni. Lui già svoltava dietro allo sperone di roccia, aveva perso di vista il casone, si lasciava alle spalle il dirupo nero di cespugli. (Paura sul sentiero)
Binda è «la più veloce staffetta della brigata» e ha poco tempo a disposizione per comunicare un ordine a tutti i presidi della zona in vista di un attacco imminente (cfr. tappa 41). I fascisti sono ai Molini, i tedeschi a Briga: in mezzo ci sono i partigiani «stretti in due gomiti di valle». La staffetta Binda deve affrontare un lungo percorso notturno attraverso prati e boschi (cfr. tappa 39) con la salvezza dei suoi compagni «affidata alle sue gambe».
Intervista a Giovanni Rainisio, presidente dell’Istituto storico della Resistenza di Imperia, realizzata da Matteo Allegro e Emanuele Magri, Liceo G.P. Vieusseux.
Paura sul sentiero, forse più di tutti gli altri racconti di argomento resistenziale inclusi in Ultimoviene il corvo, permette di disegnare una mappa dei luoghi della Resistenza nell’entroterra di Sanremo.
Ovvio, non tutto è ancora riconoscibile, certa toponomastica è oggi quasi dimenticata, se non nei pochi che ancora possono raccontare quei momenti per averli vissuti. Eppure possiamo ancora seguire almeno una parte del percorso di Binda:
Alle nove e un quarto arrivò su Colla Bracca assieme alla luna, ai venti era già al bivio dei due alberi, per la mezza sarebbe stato alla fontana. In vista di San Faustino prima delle dieci, dieci e mezzo a Perallo, Creppo a mezzanotte, per l’una poteva essere da Vendetta in Castagna: dieci ore di strada a passo normale, sei ore a dir tanto per lui, la staffetta Binda, la staffetta del primo battaglione, la più veloce staffetta della brigata. (Paura sul sentiero)
Dal monte Ceppo (pian del Vento), scendendo verso Triora si incontrano i borghi di Perallo e di Creppo, attraversati nottetempo dalla staffetta partigiana. La rete sentieristica odierna privilegia quote più alte e non garantisce un collegamento fra queste località che possono valere oggi una breve sosta in auto. Da Creppo si può però lasciare l’auto e salire a piedi al monte Gerbonte.
Si lega alla zona di Creppo anche l’ambientazione di un altro racconto, Uno dei tre è ancora vivo.
– Al Culdistrega, – disse quello coi baffi neri, – così non c’è da scavare la fossa. […]
Li condussero su per il sentiero di rocce, con le armi alle reni. Il Culdistrega era l’apertura d’una caverna verticale, un pozzo che scendeva nella pancia della montagna, giù giù, non si sapeva fin dove. (Uno dei tre è ancora vivo)
I partigiani hanno tre prigionieri, rei di aver dato alle fiamme un paese. La condanna è inesorabile: i tre sono gettati vivi nella caverna. Uno dei tre però sopravvive all’urto, cadendo sui corpi degli altri e riesce inaspettatamente a trovare una via di fuga, «una fessura piatta» che inizia a percorrere strisciando sul ventre finché il cunicolo pian piano si allarga conducendolo nuovamente all’esterno.
La grotta è identificabile con quella tuttora esistente detta «Tana della Ciapella», situata, sopra strada, poco prima dell’abitato di Creppo. Si tratta di una cavità di origine tettonica che si apre con un pozzo verticale di circa 15 metri e si estende per ulteriori 70 metri di lunghezza verso valle con una fessura discendente percorribile per un’ulteriore decina di metri. Il nome «Culdistrega» è verosimilmente un’invenzione autoriale, suggerita forse dalla vicinanza con il paese di Triora e le sue più e meno leggendarie vicende stregonesche. Anche la galleria sotterranea, che nella finzione del racconto è la salvezza del prigioniero sopravvissuto, non trova riscontri reali: a monte un’ampia frattura, le cui pareti sono rivestite da colate concrezionali, si può infatti risalire per circa quaranta metri, dove tuttavia un restringimento impedisce di procedere oltre. La cavità si sviluppa nei calcari del Cretacico formatosi circa 100 milioni di anni fa. La grotta è accessibile, ma occorre attrezzatura da progressione speleologica.
Se è quindi un’invenzione dell’autore l’uscita attraverso le viscere della terra, non è affatto inventato il legame fra la grotta e alcuni episodi della Resistenza, in particolare almeno due esecuzioni di soldati tedeschi che valsero alla grotta il soprannome di «pozzo del tedesco».
Ma torniamo alla staffetta Binda:
Era un duro e solitario compito il suo, esser svegliato a tutte le ore […] dover marciare la notte nel buio delle vallate […]. Ma era anche il suo compito naturale, di lui che non si perdeva nei boschi, che conosceva tutti i sentieri, percorsi fin da bambino conducendo le capre, andando per legna, per fieno, di lui che non zoppicava e non si spellava i piedi su e giù per quei sassi come tanti partigiani saliti dalla città e dalla Marina.
Un castagno dal tronco cavo, un lichene celeste su una pietra, lo spiazzo nudo d’una carbonaia, quinte di uno scenario spaesato e uniforme, in lui radicate ai ricordi più remoti: una capra scappata, una faina stanata, la sottana alzata a una ragazza. E a questi si aggiungevano i ricordi nuovi, della guerra fatta nei suoi posti, continuazione della sua storia: gioco, lavoro, caccia diventati guerra: odore di spari al ponte di Loreto, salvataggi giù per i cespugli del pendio, prati minati gravidi di morte. (Paura sul sentiero)
Il ponte di Loreto di cui parla Calvino non è quello che “i ponentini” conoscono bene e che è stato costruito negli anni Cinquanta: all’epoca era tra i più alti d’Europa, ben 112 metri. Invece
quasi nessuno sa che esiste un ponte medievale nel fondovalle (oggi identificato come il ponte di Mauta), costruito a pochi metri sopra il torrente Argentina e ancora raggiungibile dalla località di Loreto con una passeggiata breve ma piuttosto ripida: proprio quello di cui parla lo scrittore ligure.
✏️ Nicolò Foti, Alice Azzolini
🚶🏻Scendendo lungo la SP 65 si arriva a Perallo e infine a Molini, per poi svoltare a sinistra (SP 52) e risalire a Loreto. Procedendo sulla SP 81 si lascia sulla sinistra il “nuovo” ponte di Loreto, fino a raggiungere Creppo. Qui si può lasciare l’auto per salire a piedi al monte Gerbonte.
Il percorso escursionistico non presenta grosse difficoltà, ma per la sua lunghezza (quasi 14 km fra andata e ritorno) e l’ampio dislivello è decisamente più impegnativo degli altri itinerari proposti.
Escursione: Creppo → monte Gerbonte
difficoltà impegnativo
lunghezza 14 km
dislivello 1700 m (da 700 a 1434 m di altitudine)
percorrenza 5h
Da Creppo si riprende l’auto e si procede verso fino al paese di Triora.
🔜 Vai alla Tappa 41 – passo della Guardia – monte Pellegrino
🔙 Ritorna alla Tappa 39 – Monte Ceppo