Piazza Sardi-Botte di Diogene
Sullo spiazzo sinistrato qualche palma piantata lì per rallegrare l’ambiente si spettinava al vento come inconsolabilmente disperata. E in mezzo, tutto illuminato, c’era il padiglione «La botte di Diogene», messo su dal reduce Felice per concessione del Comune, sebbene i consiglieri d’opposizione protestassero che rovinava il paesaggio. Era a forma di botte, con dentro bar e tavolini. (Dollari e vecchie mondane)
Il bar fatto a botte nacque per iniziativa di Renzo Orvieto (1922-1999), il reduce Felice che appare nel racconto, ex-partigiano e artista particolarmente votato alla memoria resistenziale: fu autore, fra gli altri, del Monumento ai Martiri della Resistenza collocato vicino al Forte di Santa Tecla.
Veniamo al racconto: alcuni marinai americani appena giunti in porto entrano nel locale. Jolanda ed Emanuele, marito e moglie, vogliono acquistare dei dollari. Li avvicina la donna, ma al solo vederla i marinai scoprono ben altre intenzioni e appetiti. L’intuizione l’avrà Emanuele: portare ai marinai quello che desiderano, le ‘vecchie mondane’ del titolo. Inizia così una frenetica ricerca di prostitute fra caffè e alberghi cittadini. Ma la voce corre veloce e ai pochi marinai entrati per primi nella Botte se ne aggiungono altri, bisogna far presto e chiamare altre professioniste.
Andarono a casa della Pantera; ma lei non voleva aprire perché aveva un cliente. – Dollari, –
gridava Emanuele, – Dollari –. Aprì in vestaglia che sembrava una statua allegorica. La trascinarono giù per le scale e la caricarono in tassì. Poi rastrellarono la Balilla alla passeggiata a mare col cane al guinzaglio, la Belbambin al Caffè dei viaggiatori con la volpe incollo, la Beciuana all’Albergo Pace col bocchino d’avorio. Poi trovarono tre nuove arrivate con la signora del «Ninfea» che ridevano sempre e credevano si andasse in campagna. Caricarono tutte. (Dollari e vecchie mondane)
L’ordine sarà ristabilito alla fine con l’intervento della polizia. I marinai vengono messi in fila per ritornare verso il porto, le donne caricate sulle camionette: «e ci fu un gran sbracciarsi di saluti da una parte e dall’altra». Emanuele ha visto portar via Jolanda, teme di essere arrestato anche lui, ma l’ufficiale che lo avvicina gli propone uno scambio inaspettato: «Voi, a me, ragazza […] io, a voi, dollari»
Se Calvino poté vedere con i suoi occhi la «Botte di Diogene», per pochi anni in piazza
Colombo e poi al porto fino a tutta la metà degli anni Sessanta, certamente non
vide avvenimenti storici ben precedenti evocati nei suoi scritti. Non sarà un caso che la città
invisibile di Zaira viva delle «relazioni esistenti tra le misure del suo spazio e gli avvenimenti del suo passato»:
La distanza dal suolo d’un lampione e i piedi penzolanti di un usurpatore impiccato; il filo teso dal lampione alla ringhiera di fronte e i festoni che impavesano il percorso del corteo nuziale della regina; l’altezza di quella ringhiera e il salto dell’adultero che la scavalca all’alba; l’inclinazione di una grondaia e l’incedere di un gatto che si infila nella stessa finestra; la linea di tiro della nave cannoniera apparsa all’improvviso dietro il capo e la bomba che distrugge la grondaia; gli strappi delle reti da pesca e i tre vecchi seduti sul molo a rammendare le reti si raccontano per la centesima volta la storia della cannoniera dell’usurpatore, che si dice fosse un figlio adulterino della regina, abbandonato in fasce sul molo. (Le città invisibili)
Non possiamo escludere la reminiscenza storica a proposito della «nave cannoniera». Sanremo fu effettivamente bombardata dalla flotta inglese nel settembre 1745, nel corso della Guerra di Successione Austrica.
Borea d’Olmo, databile alla fine del 1700. Archivio Moreschi.
Dopo svariati attacchi a diverse città liguri, fra le quali la stessa Genova, le navi britanniche si presentarono davanti al porto di Sanremo. Vano fu il tentativo da parte di una delegazione di sanremesi di evitare il peggio e il pesante bombardamento colpì varie zone della città, in particolare l’area portuale.
Fotografia di Giulia Tasso e Monica Revelli.
Fotografia di Giulia Tasso e Monica Revelli. Dettaglio
Un palazzo (piazza Sardi n. 12) conserva ancor oggi il segno del cannoneggiamento e la data. Alcune palle di cannone sono conservate al Museo civico.
✏️ Nicolò Foti e Simona Paoli
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