Giornate dello spolvero
Dal 08-03-2025 al 08-03-2025

“Giornate dello spolvero”: appuntamento al Cimitero Monumentale della Foce

Sabato 8 marzo tornano le “Giornate dello spolvero”: appuntamento al Cimitero Monumentale della Foce

Comune e Rotary Club Sanremo rilanciano le « Giornate dello spolvero » per la pulizia delle tombe del Cimitero Monumentale alla Foce: il primo appuntamento è fissato per sabato 8 marzo, con partecipazione aperta a tutti, dalle associazioni ai singoli volontari.

Il programma prevede:

  • ore 9, ritrovo con la formazione dei gruppi di lavoro e le informazioni ai partecipanti
  • ore 9.30, inizio dell’attività di spolvero, per la quale i volontari sono invitati a munirsi di guanti di protezione
  • ore 11, visita guidata a cura di Marco Macchi (Associazione Arcadia) che ci farà scoprire le sepolture di alcune importanti figure femminili. 

L’appuntamento è realizzato con la collaborazione tra gli Assessorati alla Cultura, Ambito Sociale e Ambiente e con il sostegno di Coop Liguria.

Giornata dello spolvero

ALLA SCOPERTA DELLE SEPOLTURE DI ILLUSTRI FIGURE FEMMINILI

CAMPO 3  – TOMBA 337

Lucy Madox Brown (Parigi 1843 – Sanremo 1894).

Pittrice,  modella e  scrittrice inglese  associata ai Preraffaelliti, era figlia di Ford Madox Brown ed Elizabeth Bromley, nacque a Parigi nel 1843 e rimase orfana di madre a soli tre anni. Nel 1856 andò a vivere in casa Rossetti a Londra ed ebbe per tutrice la sua futura cognata Maria Francesca Rossetti. La sua sorellastra minore, Catherine, anche lei artista, la descriverà come « uno strano miscuglio di violenza e intelligenza ». Sposò William Michael Rossetti, figlio di Gabriele Rossetti e fratello di Dante Gabriel. La coppia aveva in comune l’agnosticismo e decisi punti di vista sull’arte, sul femminismo e sulle politiche liberali. Ebbero cinque figli.  Iniziò a dipingere nel 1868, e con la sorellastra Catherine, fecero da modelle e lavorarono come assistenti per il padre. Dipinse principalmente acquerelli, espose in Dudley Museum and Art Gallery dal 1869 al 1872. Il suo dipinto, The Duet, che fu esposto alla Royal Academy nel 1870, fu descritto da Dante Gabriel Rossetti come un « dipinto perfetto ».  Smise di dipingere, salvo poche eccezioni, nel 1874 quando si sposò. Scrisse la biografia di Mary Shelley che fu pubblicata nel 1890. Per la collana Eminent Women series, curata da John Ingram. Ammalatasi di tubercolosi, si recò in Italia per curare la propria salute.  Morì il 12 aprile 1894 all’Hotel Victoria di Sanremo, alla presenza del marito e della figlia Olivia e fu sepolta nel Cimitero della Foce.

CAMPO 7 – TOMBA 326

Adele Bianchi in Roverizio di Roccasterone (Oneglia 1820 – Sanremo 1916)

Nobildonna, pioniera del turismo a Sanremo, il 3 gennaio 1820, ad Oneglia, nacque Adele Bianchi in Roverizio di Roccasterone. I suoi genitori erano Anna e Giovanni Bianchi, un grande commerciante di olio, sindaco della città di Oneglia che ebbe l ‘onore di ospitare, nel 1837, Carlo Alberto. Adele, all’età di 18 anni sposò, in San Siro, il conte Stefano Roverizio di Roccasterone originario di Ceriana ove c’è tuttora il palazzo in cui la famiglia viveva fin dal 1700. 

Il conte Roverezio fu sindaco di Sanremo dal 1844 al 1855 poi dal 1871 al 1873 ed in seguito anche deputato al parlamento di Roma. Quando Adele arrivò a Sanremo, la città era reduce da poco da un terremoto e dalla grave epidemia di colera e contava meno di 10.000 abitanti principalmente dediti alla viticoltura e pochi, della marina, si occupavano di pesca. La ricettività alberghiera era limitata ai viaggiatori di passaggio che andavano in diligenza da Genova a Nizza. 

Adele intuì che la città potesse diventare una meta per il turismo di élite che stava iniziando nella vicina costa azzurra. In casa sua si tenevano frequentemente incontri che riunivano gruppi di persone che desideravano far diventare Sanremo una importante città dal punto di vista turistico. Fece costruire una villa al Berigo e il suo salotto divenne il luogo di convegno delle più spiccate autorità mediche d’Europa. 

Fu la vera musa ispiratrice della rinascita cittadina. Incitò ed infervorò il dott. Panizzi a scrivere un articolo sul clima di Sanremo ed invitò nella sua palazzina sita al Berigo il Barone Borris d’Uxkull, zio dell’Ambasciatore russo tramite il quale conobbe il dr. Gustav Pröel, direttore dello stabilimento dei bagni di Bad Gastein ed il dr. Elsaesser, medico del re di Wertenberg.

Nel 1854, per prima, scrisse un bellissimo articolo su Sanremo sul giornale  » La Presse » e nel 1859 inviò una lettera a Giovanni Ruffini invitandolo a pubblicare qualche articolo sui giornali inglesi riguardante la bellezza della sua terra.

Morì a Sanremo l’11 dicembre del 1916.

CAMPO 7 – TOMBA 2546

Maria Pavlovna Botkina, nata Tret’jakova (Mosca 1875 – Sanremo 1952).

La figlia minore del mecenate Pavel Tret’jakov, era cresciuta insieme ai fratelli nell’élite intellettuale e artistica di Mosca. Suo padre, che aveva collezionato dipinti dei più famosi artisti russi dell’epoca, nel 1892 donò la sua collezione alla città di Mosca. La Galleria che porta oggi il suo nome e contiene capolavori dal XI all’inizio del XX secolo è il principale museo di arte russa di Mosca. 

Nel 1898 Maria Pavlovna sposò Aleksandr Sergeevič Botkin, fratello di Evgenij, medico di Nicola II e partecipe del tragico destino della famiglia imperiale, fucilata a Ekaterinburg nel 1918. Insieme al marito, che era medico, navigatore, esploratore e inventore, fece il giro del mondo e fu testimone della costruzione della Transiberiana.

Dopo la rivoluzione del 1917 insieme al marito, alla figlia Marianna e alla bambinaia si trasferì in Crimea e da lì emigrò in Italia. Dal 1923 tutti si stabilirono a Sanremo, in una piccola casa in Via Primavera, dove continuarono ad abitare seguendo le abitudini e le tradizioni russe e accogliendo gli altri connazionali che volevano mantenere vivo il senso di appartenenza alla comunità russa che si riuniva nella chiesa ortodossa inaugurata nel 1913, di cui Maria Pavlovna divenne capo. Rimasta vedova nel 1936, Maria Pavlovna fu costretta a condurre una vita molto modesta, ma fu aiutata dagli amici russi e italiani. La figlia Marianna morì tragicamente nel 1947, lasciandola sola con la sua bambinaia Varvara Paramonova, che fu l’ultima superstite della famiglia dopo la morte di Maria Pavlovna nel 1952 ed è sepolta nella stessa tomba, insieme agli altri membri della famiglia.

CAMPO 10 – TOMBA 1157

Catherine Coudoglou, nata Stalio (Xanthi 1869 – Sanremo 1923).

Caterina Stalio era nata nel 1869 a Xanthi, località greca a nord di Salonicco, da una famiglia greca che commerciava nel tabacco, attività allora fiorente nella zona situata tra Grecia, Bulgaria e Turchia. La famiglia Stalio aveva due case a Xanthi e una a Istanbul. Sposò Dimitros (in bulgaro Dimitar) Kudoglu, nato nel 1862 a Gabrovo, un villaggio della Tracia occidentale, in una famiglia bulgara dedita anch’essa al commercio del tabacco. Dopo il matrimonio la coppia si trasferì a Dresda, dove la famiglia Kudoglu aveva una filiale. Nella loro bella casa di Comeniusstrasse ricevevano le persone più altolocate della città. 

All’inizio degli anni ‘20, in età avanzata, diede alla luce una bambina che morì poco dopo, lasciando la madre distrutta fisicamente e moralmente. Venuta a Sanremo per rimettersi in salute, morì il 26 dicembre 1923 a 54 anni.

La cappella eretta nel 1925 in sua memoria fu progettata dall’Arch. Silvio Gabbrielli e nella sua costruzione furono impiegati materiali di grande pregio. La scultura bronzea, posta accanto alla cappella, raffigura un angelo della morte abbracciante una madre con un bambino ed è opera di Jules Pierre Van Biesbroek, uno scultore belga che aveva al suo attivo molte opere pittoriche e scultoree e in quel periodo risiedeva a Bordighera.  

Sul basamento della scultura bronzea si legge una preghiera in francese dedicata al ricongiungimento con la figlioletta: “Père eternel qui exauça mes voeux /sois loué de m’avoir donné / un cherubin qui m’emporta aux cieux / près de ma petite cherie / mon adorée”.

ARCATA 40

Anna Aleksandrovna – Manuel Gismondi –, nata Svedomskaja (San Pietroburgo 1898- Sanremo 1973).

Era figlia diAleksandr Svedomskij, un proprietario terriero la cui famiglia aveva avviato una fiorente attività di produzione di vodka negli Urali. Insieme al fratello Pavel, Aleksandr era dotato di talento artistico e studiò pittura in Germania. I due fratelli, dopo un primo viaggio in Italia nel 1875, acquistarono uno studio a Roma, in Via Margutta, dove da allora trascorsero gli inverni dipingendo quadri su soggetti italiani, mentre d’estate ritornavano in Russia. Anna, dopo la morte del padre e dello zio nei primi anni del Novecento, ritornò in Russia con la madre Anna Kutukova e la bambinaia. Qui le tre donne trascorsero gli anni della guerra e della rivoluzione di ottobre, finché riuscirono ad imbarcarsi dalla Crimea per tornare in Italia. Dopo varie peripezie, costrette a procurarsi da vivere aprendo una pensione, arrivarono a Sanremo, dove Anna Aleksandrovna conobbe l’avvocato Paolo Manuel Gismondi e lo sposò nel 1927. Dal matrimonio nacque un figlio, Michele. Anche Anna si dedicò alla pittura e partecipò ad alcune mostre, ma poi preferì l’attività del restauro. Nella casa del marito conservava, insieme alle sue opere, molte tele del padre e dello zio, che lasciò in eredità al figlio. Anna Aleksandrovna morì nel 1973 ed è sepolta nella tomba di famiglia Manuel Gismondi al cimitero della Foce.

CAMPO 11 – TOMBA 538

Elisabeth von Herzogenberg, nata von Stockhausen (Parigi 1847 – Sanremo 1892)

Pianista, compositrice e filantropa tedesca, Elisabeth era la terza e ultima figlia del barone Bodo Albrecht von Stockausen,  diplomatico del regno di Hannover e per molti anni ambasciatore a Parigi, e della contessa Clotilde Annette von Baudissin (1810-1891). 

Appassionato di musica, durante il suo soggiorno nella capitale francese, Stockausen aveva conosciuto Giacomo Meyerbeer ed era stato inoltre allievo di Fryderyk Chopin, il quale aveva tanto ammirato il suo talento da dedicargli la Ballata in sol minore op. 23. (Alla contessa Clotilde, alcuni anni dopo, Chopin dedicò invece la Barcarola in fa diesis minore op. 60). 

Quando Elisabeth aveva cinque anni, la famiglia si trasferì a Vienna, alla cui corte il padre fu ambasciatore fino al 1865. Qui Elisabeth studiò il pianoforte con Julius Epstein, allora il più celebre pianista di Vienna, dal quale ebbe anche lezioni di armonia. Studiò pure il canto, essendo ugualmente dotata sotto questo aspetto: perfettamente impostata, dall’estensione di tre ottave, la sua voce fu giudicata straordinariamente nitida e pura.

Per il suo talento di pianista, le capacità espressive e l’abilità tecnica, Elisabeth fu elogiata da Clara Schumann e Johannes Brahms. Nel 1863 quest’ultimo accettò di impartirle lezioni di pianoforte, rinunciandovi però poco dopo, e rinviandola ad Epstein, con il pretesto di non avere in realtà nulla da insegnarle. Elisabeth divenne in seguito una grande amica e confidente di Brahms, con cui ebbe  numerosi contatti epistolari.

Il musicista le dedicò nel 1880 le sue due Rapsodie per pianoforte op. 79 e più volte le inviò alcune sue composizioni inedite e ancora manoscritte per fargliele conoscere in anteprima. Elisabeth, dopo averle studiate a fondo al pianoforte, gli rispondeva con penetranti giudizi e commenti che dimostrano le sue eccellenti doti di critica musicale.

Nel 1868 Elisabeth sposò a Dresda il barone Heinrich von Herzogenberg, egli pure compositore, e si trasferì con lui prima a Graz, poi dopo quattro anni a Lipsia e infine a Berlino, dove Heinrich aveva avuto la nomina di professore di composizione alla Hochschule für Musik. Continuando, insieme al marito, ad avere sempre un ruolo attivo nella vita musicale, si esibì quasi esclusivamente in privato e fu consulente musicale e mecenate di artisti.
Il matrimonio rimase senza figli. Il marito si ammalò negli anni fra il 1887 e il 1889, ma poco più tardi fu lei a manifestare i segni di una grave patologia cardiaca. Da quel momento fino alla sua morte, la coppia viaggiò in varie località di cura d’Europa. Il 7 gennaio 1892 Elisabeth morì, non ancora quarantacinquenne, a Sanremo, dove si era recata insieme al marito qualche mese prima (novembre 1891) in cerca di climi più caldi nel tentativo di migliorare le sue condizioni di salute.
Alcune composizioni di Elisabeth von Herzogenberg sono sopravvissute, ma la maggior parte di esse, rimasta inedita, è andata perduta.

CAMPO 11 – TOMBA 630

Caroline Giffard Phillipson (Cheltnham 1832 – Sanremo 1893).

Poetessa inglese, nacque a Cheltnham nel 1832 dal baronetto John Heskieth Lethbridge. Fu dama di corte della Regina Vittoria e sposa del cavaliere John Tharp Burton Phillipson. 

Attratta, come tante nobildonne inglesi, dalla causa italiana, soggiornò molte volte in Italia, soprattutto a Roma e Firenze. Fu amica di molti patrioti e ne sostenne le battaglie. In tarda età scelse Sanremo come sua residenza e qui morì il 2 febbraio 1893 lasciando in eredità alla città la sua collezione di lettere di Garibaldi e altri cimeli garibaldini oggi conservati al Museo Civico di Sanremo.

Il 9 aprile 1861 a Torino conobbe Giuseppe Garibaldi e gli chiese di potergli dedicare i suoi Canti italiani. Da allora il loro legame fu intenso e si prolungò fino alla morte dell’eroe. La corrispondenza con il generale è documentata da trentaquattro lettere che vennero pubblicate nel 1907. Di queste trentaquattro lettere dieci sono pervenute al Museo Civico di Sanremo, scritte dal 3 dicembre 1866 al 26 luglio 1870, insieme ad una serie di oggetti provenienti dall’eredità Phillipson: stampe, ritratti del generale, fotografie e la sua ricca biblioteca. Garibaldi scrisse all’amica con animo sereno persino nei momenti più difficili, densi di tensione e responsabilità. 

Caroline Phillipson fu in rapporti epistolari anche con Giuseppe Mazzini e con il figlio di Garibaldi, Menotti, di cui possedeva una fotografia che è ora nel Museo sanremese.

Il lascito fu conservato da Bartolomeo Asquasciati, Sindaco di Sanremo dal 1878 al 1891, che aveva ospitato per lungo tempo la poetessa in una villa al Berigo ed aveva stretto con lei profonda amicizia. 

Caroline Phillipson fu anche presente a Mentana per il soccorso ai feriti e in altre occasioni fu sostenitrice delle battaglie garibaldine con elargizioni a sostegno delle campagne militari di Garibaldi.

CAMPO 31 TOMBA 2236

Aleksandra Andreevna Olsuf’eva, nata Miklaševskaja (San Pietroburgo 1846 – Sanremo 1929).

Contessa, appartenente all’alta nobiltà russa, era figlia di un grande possidente terriero, che era anche proprietario di una manifattura di porcellane. Sposò il conte Aleksej Vasil’evič Olsuf’ev, fratello di sua madre, generale di cavalleria, filologo e scrittore, da cui ebbe due figli: Andrej (1870-1933), che sposò Elisaveta Abamelek-Lazareva, e Vasilij. I figli crebbero in un ambiente colto, interessatI alla letteratura, alla musica, all’arte, alle lingue straniere; d’inverno risiedevano nel palazzo moscovita di via Povarskaja e d’estate nella tenuta di Eršovo. Nel 1911 fu nominata dama di corte dell’imperatrice Aleksandra Fedorovna, consorte dell’ultimo imperatore Nicola II.

Dopo le rivoluzioni del 1917, lasciò la Russia ed emigrò con tutta la sua numerosa famiglia a Firenze, dove aveva una villa di proprietà, comprata anni prima dal marito. Trascorse gli ultimi anni di vita a Sanremo a Villa Rusalka, sulla collina del Berigo, che era stata trasformata in pensione, e dove le facevano spesso visita i famigliari e molti esponenti della diaspora russa.